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Inquiry, auto-esplorazione che cosa è?

Giudice interiore, Reiki, Consapevolezza, Counseling Transpersonale

Inquiry, auto-esplorazione che cosa è?

farsi domande è la metodologia di inquiry

Nel mio lavoro, parte fondamentale della metodologia è l’inquiry. Uso inquiry sia nei corsi che nelle sessioni individuali con ottimi risultati.

La parola inglese inquiry contiene molti significati : ricerca, esplorazione, inchiesta, investigazione che nella traduzione italiana si perdono in quanto non esiste un termine che li comprenda tutti. La parola auto-esplorazione si avvicina maggiormente a inquiry.

Nelle prossime righe cercherò di dare una spiegazione ampia di questo metodo che ha portato nella mia vita prima di tutto e in quella di molte altre persone uno strumento efficace di comprensione e consapevolezza.

Nell’inquiry, nell’auto-esplorazione impariamo a farci delle domande.

Perchè farsi domande?

Per conoscere noi stessi in profondità, per uscire dallo scontato, per darci nuove possibilità, per entrare in contatto con il nostro Essere.

Per renderci conto che tutto ciò che ci accade non solo è una grande possibilità di crescita ma che noi stessi siamo artefici della nostra realtà, la creiamo attraverso pensieri, credenze, abitudini, giudizi, atteggiamenti.

Nell’inquiry entriamo nell’esplorazione delle domande con un atteggiamento di apertura rispettando alcuni elementi che fanno dell’inquiry qualcosa di molto prezioso. Inquiry è un movimento dinamico che comprende più dimensioni: corpo, sensazioni, emozioni, mente, intelletto, intuizione, presenza, riconoscimento, ci porta a comprensioni nuove e immediate.

Gli elementi con i quali esploriamo e ci interroghiamo sono:

  • intenzione e volontà di conoscere la verità;
  • apertura;
  • curiosità;
  • non sapere;
  • presenza

Un elemento essenziale per eslplorare noi stessi, le nostre abitudini, comportamenti, il nostro rapporto con gli altri, è l’intenzione e la volontà di conoscere la verità.

E’ un prerequsito irrinunciabile in quanto nel momento in cui ci accostiamo alla domanda, con la volontà di dirci la verità, la domanda acquisisce senso, la vogliamo riferire a noi stessi, portarla vicino alla nostra esperienza.

Un altro elemento necessario è l’apertura a tutto ciò che si manifesta e si fa luce, anche a cose spiacevoli che possono emergere.

A volte le persone mi dicono di avere timore a guardarsi dentro, timore di trovare qualcosa di sbagliato che non riusciranno a gestire. Questo è un pretesto per evitare di interrogarci, di volgere lo sguardo all’interno.

Se abbiamo l’abitudine a cercare all’esterno, fuori di noi, con compensazioni, giustificazioni, scarico di responsabilità, lo spostamento verso l’interno, verso noi stessi, all’inizio può non essere facile e nelle prime fasi può anche essere doloroso.

Una volta imparato, il domandarsi diventa un’avventura, ci si innamora del vero, si scopre che per incontrare il vero è necessario fare i conti con il falso. Conoscere la nostra personalità nel suo funzionamento e scoprirne l’automaticità ci porta a fare i conti con il falso.

Da questa comprensione impariamo a vivere la dimensione della personalità in aderenza con il nostro sentire nel presente, con la nostra verità ORA e diventiamo sempre più autentici, integri.

Abbiamo molte risorse e la verità ce le fa incontrare.

Non c’è nulla di sbagliato in noi stessi, anzi, la felicità che tutti cerchiamo, il benessere, sono strettamente collegati all’accettazione di noi stessi per quello che siamo. Vedere i nostri limiti e come li manteniano per sopravvivere, è il primo passo verso la manifestazione delle nostre potenzialità.

Se castriamo noi stessi con giudizi di inadeguatezza per esempio, come possiamo avere un lavoro che ci soddisfi, che ci piaccia?

Abbiamo imparato a separare la realtà con delle linee ben precise: mi piace/non mi piace, giusto/sbagliato, giudizi, commenti rispetto a noi stessi e agli altri, creando separazione attraverso il binomio accettabile/non accettabile. Così facendo ci siamo soprattutto separati da noi stessi, da parti di noi non accettabili, le teniamo nascoste non solo agli altri, a noi stessi e le agiamo inconsciamente, accumulando “spazzatura interiore”.

La metodologia dell’inquiry è anche fare pulizia negli angoli più reconditi, è dare aria alle cose, sentirle, vederle in una prospettiva che non è quella della condanna o del rifiuto, bensì della respons-abilità di assumere ciò che c’è per quello che è: Ah! E’ così! Con che cosa ha a che fare questo con me? Come lo creo? Come faccio finta? Come mi posso sostenere nel momento in cui scopro di funzionare in maniera distorta, limitata, che va contro la mia soddisfazione, la mia gioia?

L’apertura unifica la realtà là dove il giudizio separa.

Usare inquiry come metodologia di base per la conoscenza di se stessi riporta ordine, chiarezza, allineamento, verticalità.

Un altro elemento importante è la curiosità.

Diventiamo curiosi di scoprire, curiosi di conoscere noi stessi nelle mille sfaccettature che si presentano, curiosi di vedere cos’è la nostra personalità, come funziona, da cosa è sostenuta, curiosi di scoprire dimensioni che vanno oltre la personalità, che hanno a che fare con il nostro Essere, come la Gioia, la Pace, la Forza, l’Amore gentile, la Volontà e che si presentano sempre di più a mano a mano che prendiamo confidenza con la tecnica.

La curiosità presuppone il non sapere.

Entriamo nella domanda con l’apertura del non sò che mette a soqquadro le credenze, le idee, i pregiudizi rispetto a noi stessi. Niente è scontato. Non sò è un atto di umiltà e di resa.

La conoscenza che abbiamo accumulato è relativa al passato, a memorie, immagini, eventi e interpretazioni, portarla meccanicamente nel presente significa dare per scontato che le cose siano in un certo modo.

Questo ci può allontanare da una esperienza vera, reale, immediata, creativa con il presente inteso come questo momento, qui ora. La nostra realtà quotidiana è fatta per la maggior pate di reazioni, per questo viviamo nel conflitto. Continuamente il passato viene proiettato sul presente.

Per conoscerci, abbiamo bisogno di presenza, di attenzione.

Quando facciamo inquiry portiamo attenzione al corpo, a quello che accade nel corpo mentre esploriamo. Il corpo diventa la nostra ancora nel presente. Qualunque pensiero, emozione, sensazione, immagine e memoria è presente nel corpo come tensione, temperatura, espansione, senso dello spazio; il corpo si esprime, ci parla attraverso sintomi che impariamo a riconoscere.

Per esempio un giudizio sul nostro valore personale ha una manifestazione nel corpo con una particolare tensione. Magari non siamo consapevoli del giudizio, eppure la tensione è lì e ci da una indicazione. Ecco perchè l’apertura è necessaria. Se evito la tensione in quanto dolorosa, non scoprirò mai la sua funzione.

Così un sintomo di espansione nel corpo ci può agganciare a un senso di vitalità, di forza, di coraggio. Se non prestiamo attenzione al corpo, possiamo avere molte idee e definizioni di cos’è il coraggio nello stesso tempo manchiamo l’essenziale, manchiamo la nostra personale esperienza del coraggio, come si manifesta in noi stessi il coraggio in quel particolare modo, assolutamente unico.

Questo passaggio è un salto possibile a tutti: dalla mente che definisce in base a canoni del dover essere, all’esperienza diretta della realtà per quella che è.

Allora la vita acquisisce nuovo sapore, l’esplorazione diventa un’avventura, c’è un profondo senso di libertà, di possibilità, di fiducia, di risorse.