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All’improvviso un confine: dalla zona confort alla sperimentazione di sé.

Giudice interiore, Reiki, Consapevolezza, Counseling Transpersonale

All’improvviso un confine: dalla zona confort alla sperimentazione di sé.

La nave si avvicina lentamente al porto di Olbia quasi scivolando sull’acqua morbida. In molti siamo sul ponte e guardiamo il sole nascere dal mare dopo una notte intera trascorsa sotto, al chiuso, lontano dalla terra ferma.

Ora lo sguardo di tutti si apre verso l’orizzonte, il sole, verso il cielo tinto, pulito dall’aria fresca che sferzando sul viso risveglia al giorno.

Un attimo di magia fuori dal tempo perché fuori dai pensieri che ancora rarefatti dormono.

Lo sguardo va verso la terra sempre più vicina e posso sentire la mente che si attiva, dallo spazio all’oggetto é un salto veloce che riempie di pensieri.

Compare dal nulla un marinaio e tende un filo bianco rosso di plastica che divide in due zone il ponte invitando i passeggeri a spostarsi nell’area dove sono seduta su una delle poche panchine disponibili.

All’improvviso un confine é apparso.

Scompiglio tra la gente che dapprima si immobilizza come a non capire ciò che succede, poi un lento movimento inizia, qualcuno si avvicina al confine con aria un poco attonita, titubante si guarda attorno.

C’è incertezza é evidente.

É forse l’incertezza della scelta tra la propria volontà e ciò che viene chiesto di fare? O é l’improvviso apparire di un confine che delimita il posto giusto/sbagliato dettato da un criterio che non é immediatamente comprensibile a creare l’incertezza e il conflitto che ne può venire?

Soddisfare la richiesta di quel marinaio che rappresenta l’autorità o rimanere dove si é?

E la domanda: “Che succede? Perché?” é sul viso di tutti.

Il primo attraversa il filo bianco/rosso seguito da altri.

Alcuni rimangono dove sono, con gli occhi puntati sul limite/confine, qualcun altro fa finta di nulla.

Ora la mia attenzione é sul come il filo viene superato.

Chi passa da sotto, chi scavalca, chi alza il filo e abbassa solo la parte alta del corpo, chi arretra e temporeggia anche se incalzato dalla moglie che gli dice: “Ha detto che dobbiamo spostarci!”, chi guarda il cellulare o scatta foto.

Dopo una decina di minuti solo un paio di persone sono rimaste al di là del filo nella zona “proibita” e… l’esodo del passaggio si ripete ma dalla parte opposta, verso la zona proibita.

Noto la stessa indecisione, il retrocedere dal confine, le stesse modalità di passaggio oltre la linea e poi… arriva quello che nomino l’eroe della situazione: un uomo di corporatura tarchiata, con calzoncini corti, sandali e calzini alla caviglia, (non é un tedesco) zainetto a spalla che con un gesto semplice e dignitoso alza il filo, ben al di sopra della sua testa ricciuta e passa oltre con naturalezza, senza abbassarsi, senza titubanze, con la dignità di chi va per la sua strada. Mitico.

Il paragone confine esterno/confine interno mi viene spontaneo e così le domande:

Quale é l’attitudine di fronte a un confine interno? Mi ritraggo? Tergiverso?

Lo attraverso? Come lo attraverso?

Come mi sento davanti a un confine? C’è pressione a passare oltre? C’è facilità, curiosità, o ansia?

Mi accorgo che tutto questo mi appartiene ma al di là di quale sia il confine che incontro il posso e il voglio sono inscindibili.

Voglio attraversarlo? Sono in contatto con le risorse per farlo e con il sentirmi in grado di compiere il passo?

Mi é chiaro che l’atteggiamento rispetto a quella linea fa la differenza:

Se la considero come un limite si attivano reazioni e cerco soluzioni che vengono dal conosciuto, da esperienze precedenti che non sempre sono funzionali in quanto si attivano anche giudizi, timori…e in ogni caso mi tengono ancorata al passato. Ancorata ad un’ idea, a un’immagine che ho di me stessa e mi definisce.

Se invece  guardo a quella linea interna come ad una porta, si aprono possibilità di esplorare territori interiori nuovi, di conoscere me stessa diversamente, di sperimentare, ampliare questo piccolo grande mondo che sono.