Dolomiti viaggio interiore camminando.
Camminando nella magnificenza delle Dolomiti, in un paesaggio metafisico che pare irreale, ripenso oggi ad un saggio incontrato in India molto tempo fa e alle sue parole, in un viaggio interiore di ricordi.
Ero a Gangotri per un trekking che mi avrebbe portata alle sorgenti del Gange. Vivevo in un piccolo ashram, in una casetta di legno minuscola di una sola stanza con un letto sul quale meditavo e dormivo.
Appoggiato lo zaino per terra, a mala pena riuscivo a muovermi nel rimanente spazio davvero ridotto dove il legno scricchiolava ad ogni respiro. Eppure ci sono stata benissimo quei 21 giorni!
Il suono di una cascata vicina, fragoroso e incessante nel suo precipitare mi ha tenuta sveglia per notti intere fino a quando non si è integrato come per magia nel sonno. Quando ho smesso di resistergli ha preso lo spazio che gli era necessario e ne ho sentito la musica.
Aprivo gli occhi al mattino e la prima immagine attraverso la micro finestra era il giallo dei fiori che crescevano tutto intorno.
Anche il saggio aveva un’unica stanza con un letto, una stufa a legna sulla quale cucinava, qualche utensile e libri, libri, libri.
Stava traducendo dal sanscrito il testo Yoga Vasistha.
Lo ricordo come un uomo corpulento, dalla voce forte, gli occhi luminosi e penetranti, barba e capelli bianchi, modi molto diretti, un po’ bruschi, energia di fuoco.
Fuoco interno che gli serviva anche per scaldarsi l’inverno quando la neve bloccava la porta di casa e Gangotri si spopolava dei suoi pochi abitanti, andavano più a sud, a Uttarkashi a svernare.
Lui rimaneva, 3800 metri di altitudine, meno venti gradi di temperatura.
Un certo orgoglio traspariva quando parlava di questo e lo comprendo, ciascuno ha una sua fierezze per le imprese compiute!
La sua porta era aperta quel giorno di agosto, alzò gli occhi da un libro, mi vide e salutò. Qualche parola e poi un invito a sedere su di uno panchetto basso dove una coperta di lana grezza ripiegata faceva da cuscino.
Mi offrì un te con latte e cardamomo così piacevolmente profumato e caldo nella tazza che scaldava le mie mani.
“Vieni dall’Italia, perché viaggiare fino a qui quando hai le Dolomiti vicine?
Ciò che cerchi è li “
Queste sue parole sono tornate oggi mentre contemplavo le vette delle Odle e i ricordi di quel viaggio sono riemersi con dettagli immagini e sensazioni.
Un luogo che amo la val di Funes, ci torno spesso. La bellezza è meravigliosa ovunque ma l’incanto più grande è avvicinarmi alle vette così tanto da poterle guardare da sotto in su, vederle emergere dal bosco o dai prati dove la forma stessa degli abeti sparsi prepara il mio sguardo alle cime.
Si apre per me una dimensione interiore vibrante e nello stesso tempo quieta, una gioia calma dove nello stupore tutto tace e vive.
Il saggio aveva intuito la mia ricerca di allora che sapevo solo formulare con la domanda a me stessa : “Chi sono io?”
Oggi trovo la naturalezza naturale dell’esistere al cospetto delle vette, in Dolomiti, camminando, ma so che non ha niente a che fare con loro, so che Dolomiti e/o Himalaya sono un rimando diretto e immediato ad uno stato interiore che le parole non sanno esprimere.
Uno stato d’essere che mi riempie in un vuoto che mi é caro, che è qui dove sono, dove il dito del saggio puntava con la mano ferma quando diceva: “Ciò che cerchi è li.”
Puntava dritto al cuore ma allora la mia attenzione era sul dito, non vedevo ciò che indicava e non comprendevo.
Cercavo fuori.
La domanda “Chi sono io?” Non era ancora andata in profondità.
Ora si e il mio cuore si allarga davanti alla bellezza e non ha importanza quale sia l’oggetto ne la sua forma, è il cuore che emana e mi riporta alla sacralità di chi vede, osserva, sente, percepisce.
Quel lì è qui.
Inequivocabilmente qui.
In questo modo camminando in Dolomiti ho compiuto un viaggio interiore non solo di ricordi, ma anche di comprensione profonda di me stessa.